Gesù e la pallavolo

Il segreto dell’unzione è una vita in relazione con Gesù.

“Dico sempre alle mie giocatrici che quando si è raggiunto un ottimo risultato,
non si deve ricordare tanto il risultato quanto cosa si è fatto per raggiungerlo.”

Davide Mazzanti
Allenatore della nazionale italiana femminile di pallavolo.

 

Complimenti alla nazionale italiana di pallavolo. Ha giocato un ottimo campionato del mondo e ha ottenuto un meritatissimo secondo posto, soprattutto considerando la giovane età media.

Il suo coach, Davide Mazzanti, nel suo intervento alla Domenica Sportiva di ieri sera, mi ha stupito per competenza, saggezza e chiarezza di idee.

Una sua frase mi ha colpito in particolare. “Dico sempre alle mie giocatrici che quando si è raggiunto un ottimo risultato non si deve ricordare tanto il risultato quanto cosa si è fatto per raggiungerlo.”

Mentre la ascoltavo lo Spirito Santo mi diceva, “Giuseppe, ricordati che comprendere e mettere in pratica i princìpi che hanno portato al raggiungimento di un buon risultato, permette di raggiungere nuovamente quel risultato.”

L’importanza della scoperta dei princìpi che permettono il raggiungimento di un certo obiettivo e la loro riapplicazione (con i necessari adattamenti) vale in tutti i campi. Amicizie, matrimonio, educazione dei figli, evangelizzazione, conduzione della chiesa e andare sulla Luna.

Ad esempio. Per lunghi periodi ho sperimentato la forte presenza dello Spirito Santo durante i miei tempi personali di adorazione. Dio mi parlava, sentivo la sua vicinanza, mi mostrava la sua santità e santificava la mia vita, mi indicava i prossimi passi da seguire, ero immerso in lui, la mia vita cresceva e si radicava nella relazione e nel cammino con lui e vedevo più risultati nel mio ministero.

A cosa era dovuto questo? A un cammino giornaliero forte e sincero con lui. A un impegno costante nel mettere in pratica quello che la sua Parola dice e quello che il suo Spirito mi indicava durante la giornata. Al passare ore giornaliere nella sua presenza. Al pregare tanto in lingue. Al prendere tutto il tempo che ci voleva nell’adorazione, finché sentivo Dio dire, Basta, hai fatto quello che dovevi fare. Al significare esattamente con la mente e con il cuore quello dicevo con le parole nel canto e nella preghiera. Se cantavo, Ti amo, Gesù, volevo dire esattamente che lui era il mio più grande amore. Tu sei il Signore, voleva dire che ero pronto a fare tutto ciò che mi diceva di fare e che sapevo che lui dominava e comandava sopra ogni cosa e circostanza. Di conseguenza, non mi preoccupavo di cosa alcuna. Ho fede in te, voleva dire che sapevo che qualunque situazione nella quale mi trovavo sarebbe andata a buon fine.

Preparavo una buona lista di canti che toccavano la mia mente e il mio cuore, li studiavo bene musicalmente di modo da poterli suonare e cantare bene (almeno per quanto permettano le mie capacità musicali e canore).

Ero in continuo ascolto della guida dello Spirito per sapere cosa voleva che dicessi e facessi durante la mia giornata e durante i tempi di adorazione.

E così via.

Con queste premesse, era impossibile che la presenza di Dio non fosse con me in ogni momento della giornata e anche durante i miei tempi di adorazione.

Sapendo questo, quello che faccio oggi non è vivere nel passato ripensando alle belle esperienze degli anni scorsi, ma metto in pratica, oggi, i princìpi che mi hanno permesso di vivere vicino a Gesù intensamente nel passato. Risultato? Anche oggi sento sempre la forte presenza del Signore.

Grazie, Papà.

 

“Colui che mi ha mandato è con me;
non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli piacciono.”
Giovanni 8:29