La predica — Un’idea da spiegare

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Si possono fare prediche di diversi tipi. Uno di questi è la predica che spiega un passaggio della Bibbia.

Parlando di questo genere di predica, Haddon Robinson, (Predicare la Bibbia, Edizioni Istituto Biblico Evangelico, 1984), propone un messaggio di Alexander Maclaren, pastore scozzese, 1826-1910, che ministrò per la maggior parte del tempo a Manchester. Era molto conosciuto per la sua fedeltà al testo biblico. Il vescovo Anglicano di Manchester disse, “Non ci sono stati discorsi che per profondità di pensiero, arrangiamento logico, eloquenza di appello e potenza sul cuore umano, hanno superato quelli del Dr. Maclaren.”

Robinson dice:

“Offrire all’uditorio una spiegazione chiara del passo biblico può essere il contributo più vitale che il predicatore possa rendere nel suo sermone. Una formula per la strutturazione del sermone che va rispettata, se non altro perché è antica, dice così: “Di’ cosa intendi dire; di’ cosa stai dicendo; e poi di’ quello che hai detto”. Questo è un ottimo consiglio quando il nostro obiettivo esige che spieghiamo il testo. Nell’introduzione a un sermone di questo tipo, affermiamo l’idea nella sua completezza, nella struttura centrale l’idea viene scomposta ed analizzata e nella conclusione riferiamo di nuovo l’idea. Senza dubbio, questa progressione concettuale guadagna in chiarezza ciò che perde in suspense.

Ad esempio, Alexander Maclaren predicò un sermone che spiegava Colossesi 1:15-18:

‘Egli è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura;
poiché in lui sono state create tutte le cose
che sono nei cieli e sulla terra,
le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze;
tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.
Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa;
è lui il principio, il primogenito dai morti,
affinché in ogni cosa abbia il primato.’

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Nel sermone, Maclaren afferma: “Il mio compito non è tanto dimostrare le parole di Paolo, quanto spiegarle, e poi ponderarle perché abbiano un effetto sugli uditori”. Il soggetto del sermone è perché Gesù Cristo occupa il posto supremo su tutte le creature in tutte le cose, mentre il complemento è per via della sua relazione con Dio, il creato e la chiesa. Nello sviluppare questa idea attraverso la spiegazione, Maclaren si prefigge l’obiettivo di incentivare i cristiani a rendere Cristo preminente nella loro vita.

Come procede poi nella struttura del sermone? L’oratore presenta l’idea due volte nell’introduzione. ‘Cristo’, dichiara, ‘riempie lo spazio tra Dio e l’uomo. Non c’è alcun bisogno che una folla di esseri indistinti (NdR: si credeva che vari tipi di spirito stessero come mediatori fra Dio e gli uomini) facciano da ponte tra cielo e terra. Gesù Cristo tocca entrambi. Egli è il capo e la fonte di vita per la sua chiesa. Di conseguenza, Egli è il primo in tutte le cose a cui spetta l’ascolto, l’amore e l’adorazione degli uomini. Il sermone nel suo insieme non affermerà altro.

Nel paragrafo successivo, Maclaren presenta l’idea in una forma abbreviata per la seconda volta: ‘Ci sono qui tre concezioni grandiose delle relazioni di Cristo. Vediamo Cristo e Dio, Cristo e il creato, Cristo e la chiesa e, fondata su queste, la proclamazione trionfante della sua supremazia sopra tutte le creature e sotto ogni aspetto.’ Nella struttura centrale del sermone, Maclaren spiega che cosa comportano quelle relazioni.

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Ridotto ad uno schema, il sermone procede in questo modo:

I.   La relazione che corre tra Cristo e Dio è che Egli è ‘l’immagine del Dio invisibile’    (Col. 1:15).

A.  Dio è in Sé stesso inconcepibile e inaccessibile.

B.  Cristo è la manifestazione e l’immagine perfetta di Dio.

i.  In Lui l’invisibile diviene visibile.

ii.  Soltanto Lui fornisce una certezza abbastanza stabile perché possiamo trovare una potenza sostenitrice nelle prove della vita.

II.   La relazione che corre tra Cristo e il creato è che Egli è ‘il primogenito di ogni creatura’    (Col. 1:15-17).

A.  Cristo è l’agente di tutta la creazione, e le frasi usate da Paolo sottintendono la priorità dell’esistenza e la supremazia su tutto.

B.  Cristo sostiene una varietà di relazioni con l’universo; questo rapporto viene sviluppato attraverso le varie preposizioni usate da Paolo.

III.   La relazione che corre tra Cristo e la sua chiesa è che Egli è ‘il capo del corpo’, il quale è ‘il principio, il primogenito dai morti’    (Col. 1:18).

A.  Quel che era la Parola di Dio prima dell’incarnazione nei confronti dell’universo, lo è ora il Cristo incarnato per la sua chiesa. Egli è il ‘primogenito’ di entrambi. Ha il posto di preminenza.

B.  Come ‘capo del corpo’, Egli è la fonte ed il centro della vita della chiesa.

C.  Come ‘inizio’ della chiesa attraverso la sua resurrezione, Egli è la potenza attraverso cui ebbe inizio la chiesa e attraverso la quale saremo risuscitati.

Conclusione:   ‘L’apostolo conclude che in tutte le cose Cristo è il primo — e tutte le cose sono, perché Egli sia il primo. Sia nella natura, sia nella grazia, la preminenza è assoluta e suprema …. Per cui la domanda cruciale per noi tutti è ‘Che pensate voi del Cristo?’ Gesù è per noi soltanto un nome? Beati noi se diamo a Gesù la preminenza e se il nostro cuore Lo mette al primo posto, all’ultimo posto e in mezzo senza limiti.

Per tutto il sermone, Maclaren non fa altro che rispondere alla domanda: Che cosa significa questo brano?”

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Principi di predicazione di Hillsong – Parte 2

Brian Houston 3

Ciao.

Ecco la seconda e ultima parte dei principi di Brian Houston per la predicazione alla Hillsong di Sydney. Ho ripreso solo alcuni dei suoi 30 punti e vi ho messo i miei contributi, cercando di rimanere fedele alla sua posizione. Questo per dire che i punti deboli sono miei e non suoi.

Quanto segue non è una regola assoluta. Ognuno ha il proprio modo e stile di predicazione. Riflettiamo però su quanto viene detto e riteniamo il bene. Io ho tanto da imparare.

Buona giornata a tutti.

Giuseppe


1.  Ogni messaggio riflette la vita che vivi e non solo la predica che predichi.

Sii autentico. I messaggi migliori provengono spesso dalle nostre lotte e percorsi di vita. La gente sente se sei vero o no. Indipendentemente da quanto sei professionale o eloquente quale predicatore, non costruirai nulla nelle vite delle persone se manchi di autenticità.

Giovane Bibbia Blu

2. Ogni messaggio è il riflesso della tua personalità e non l’imitazione di un’altra persona.

Sei al meglio quando sei te stesso sia nella preparazione che nella presentazione del messaggio. Non hai bisogno di imitare un certo stile. Sii il miglior te stesso. Impara dagli altri ma non diventare loro.

3.  Ogni messaggio ha effetto sul lunedì delle persone.

Il messaggio deve essere applicabile il lunedì e non solo la domenica. Deve avere rilevanza per la vita quotidiana delle persone, affrontare la perdita del lavoro, la famiglia nella società di oggi, la morte delle persone a noi vicine, l’amicizia. Deve mostrare come Gesù si inserisce in questi ambiti.

4.  Non avventurarsi in aree che non si conoscono.

Non predicare i soggetti che non conosci bene. Studiare giornalmente per crescere e diventare bravi nei campi di chiamata che Dio ci ha dato.

5.  Ogni messaggio fa stare meglio le persone rispetto a quando sono entrate.

Creare un’atmosfera incoraggiante in ogni incontro. Le persone devono sentire di potere deporre i propri pesi. Nel mondo sentono così tante cose scoraggianti da essere affamati di incoraggiamento.

Questo non vuol dire non predicare santità, peccato o ravvedimento. Significa portare le persone a vedere il problema e il peccato, ma pure Gesù che porge loro la mano.

6.  Ogni messaggio deve essere degno di nota.

Ogni messaggio deve avere contenuto. Non deve essere infarcito di frasi fatte, sentite e risentite. Scavare e dare alle persone punti importanti, profondi, utili, di cui vorranno prendere nota per metterli in pratica. La preparazione a lungo termine è essenziale in questo ambito. Una cosa è prepararsi il sabato sera e un’altra tre settimane prima.

Questo non vuole dire fare prediche di difficile comprensione o mattoni teologici. Vuol dire portare alle persone pane e non sciacquetta.

 

Le mie parole sono spirito e verità.

Giovanni 6:63

7.  Vedere l’umore come un bonus e non come l’obiettivo.

In una predica ci vuole umore ma l’umore non è l’obiettivo della predica. L’umore fa penetrare il punto che vogliamo fare perché tocca le emozioni delle persone e le disarma. Però non riempirne tutta la predica. Non è una una puntata dell’edicola di Fiorello.

Essere sul pulpito come siamo quando si parla con un amico. Tanti si irrigidiscono appena arrivano dietro al pulpito. Passano da Luigi a San Luigi in una frazione di secondo. L’espressione facciale e il tono di voce diventano tetri e cavernosi, perché la santità è tetra. Non è allegra. Infatti fra i doni dello Spirito c’è la tristezza e non la gioia.

Altri, normali fino ad un momento prima, diventano come se avessero preso quattro tazze di caffè in una sola volta. Schizzano a destra e a sinistra. Tutto diventa hyped. Oggi è un giorno meraviglioso, Sarà una riunione gloriosa, Gesù farà cose fantastiche. Ti aspetti che Gesù ritorni da un momento all’altro, tanto sarà magnifica la riunione. Mi chiedo se un sondaggio alla fine del culto darebbe loro ragione. Se dico “fantastico,” poi deve esserlo davvero. Non usare frasi fatte solo per stimolare le emozioni delle persone.

Ci vuole però energia nella nostra presentazione. Dubito che un tono deprimente e un’espressione sconsolata stimoleranno tanto le persone. Se credo e vivo davvero in Gesù, si vedrà e sentirà.

Mani Child of God

8.  Ogni messaggio esalta Gesù e da gloria a Dio.

Gesù, e non io, deve essere il soggetto delle frasi della predica. Gesù fa, Gesù dice, Gesù vuole, Gesù ha. Tenere al minimo gli “io” e i “mio.”

Non usare solo il generico, “Dio.” Usare “Gesù.” Indica più chiaramente di chi stiamo parlando, soprattutto per i non credenti.

Gesù deve essere centrale. La gente ha bisogno di sentire la Parola di Dio e non un messaggio che qualunque coach motivazionale potrebbe portare.

Usare versetti della Parola per motivare le persone. Riscaldano di più il cuore e sono vera verità sicure.

9.  Ogni messaggio riflette il tuo livello di autorità.

Parla secondo il tuo livello di autorità. Se non hai autorità spirituale riconosciuta, non usurpare quell’autorità. A volte, pensando di essere sotto l’unzione, un predicatore che non se ne è ancora guadagnato il diritto, può riprendere una chiesa o proclamare cose che sono al di là di quanto vive in Dio. Non è appropriato.

Prima di dire certe cose bisogna guadagnarsi i gradi, e quelli si guadagnano con il tempo, l’esempio, la fedeltà sul campo e l’umiltà. Davide e i suoi valorosi guerrieri (2 Sam. 23.8 ss) si erano guadagnati il diritto di parlare con le gesta che avevano fatto.

10.  Ogni messaggio combina fede e trasparenza.

Essere trasparenti, mostrando le lotte che abbiamo nella vita personale e ministeriale, permette alle persone di identificarsi con noi. Farlo troppo non incoraggia la gente. Mostrare quello che Dio ha fatto in noi e tramite di te. Questo incoraggia le persone a credere. Si diranno, Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anch’io.

Non tutte le nostre debolezze devono essere portate in pubblico. Certe cose sono private.

 

L’umiltà è non avere nulla da nascondere e nulla da mostrare.

(Non ricordo chi l’ha detto)

11.  Ogni messaggio non dice solo “cosa” fare ma anche “come” farlo.

Houston dice che agli inizi del suo ministero, dopo avere predicato sul bisogno di amare Dio con tutto il cuore, un uomo gli disse, “Io voglio farlo, ma vorrei sapere come farlo?”

Troppe prediche sono impostate solo attorno a “Fai questo e non fare quest’altro.” Tutte cose giuste, ma, se non si mostra come fare quelle cose, con indicazioni concrete e praticabili, non si aiutano veramente le persone.

Dopo aver detto alla congregazione cosa fare, passare la maggior parte della predicazione mostrando come riuscire a farlo.

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Rick Warren e Brian Houston sono amici personali.

Rick Warren, pastore di una chiesa di 35’000 membri e autore di La chiesa condotta da propositi e La vita con uno scopo, è un maestro in questo. L’ultima volta che l’ho sentito predicare mi ha spaventato per la sua semplicità e praticità. Eppure è un uomo che studia tantissimo. Per tanti anni ha letto un libro al giorno e possiede una libreria di più di 20’000 volumi.

Si vedeva che Rick aveva preparato il messaggio con un chiodo fisso: “Quali sono i passi pratici che posso indicare ai miei fratelli affinché riescano a mettere in pratica questo messaggio?” Mi aveva veramente aiutato.

12.  Lavorare sia al contenuto che all’esposizione verbale.

Se si ha un buon messaggio ma lo si predica male, il buon contenuto non servirà tanto. Presentarsi e dire le cose in un modo che porta le persone ad ascoltarci e non a pensare a mille modi per sfuggire alla noia o al sovreccitamento.

Qualcuno ha detto, “Se un uomo non sa fischiare il suo amore ad una donna, se la vedrà portare via da un altro, che la ama meno ma fischia meglio.”  Fischiamo bene.

Riascoltare e rivedere le registrazioni delle nostre prediche ci permette di correggerci. Noteremo, come me, eh eh, movimenti che distraggono, ripetizioni di alleluia intercalati ad ogni frase, continui schiarimenti di voce o “Signore” ripetuto ogni due parole nelle preghiere.

Parlaresenzaprenderefiatodall’inizioallafinedellapredica, POSSIBILMENTE A VOLUMI ALTISSIMI, non è un segno di unzione. E’ un’abitudine da correggere.

Parlare alla gente come se stessimo avendo un colloquio con un amico. Essere calmi e naturali nei movimenti. Sottolineare però, con velocità, ritmi, volumi, pause, silenzi e movimenti appropriati le parole e le frasi che ne hanno bisogno. Anche la monotonia non è unzione.

 

La verità deve pure toccare il cuore.

Martyn Lloyd Jones, “Preaching and Preachers”

13. Il lunedì si deve dimenticare ogni messaggio.

Dopo ogni messaggio ogni predicatore è triste. Non ho predicato abbastanza bene, sono stato troppo lungo al secondo punto, ho dimenticato di citare Noè. Dopo il culto, notiamo cosa è andato bene e cosa è andato male, decidiamo come migliorare e poi facciamola finita. Nel senso buono della cosa.

Non facciamoci problemi per tutta la settimana. Il diavolo sicuramente proverà a rovinarci la vita con le sue accuse. Non diamogli spazio. Impariamo quanto dobbiamo imparare, ringraziamo per ciò per cui dobbiamo ringraziare e poi andiamo avanti. Cresciamo a poco a poco.

Dio vi benedica.

Principi di predicazione di Hillsong

Brian Houston 4Le parole Predicare e Predicazione non mi piacciono. Oggi hanno un’accezione molto negativa. Significano fare una ramanzina e annoiare a morte. “Fagli un predicozzo; che barba, che predica!” Nel loro significato originale, invece, mi piacciono moltissimo. Vogliono dire — Proclamare, dire alle persone il pensiero, il cuore di Dio per loro.

I due discepoli che dopo la crocifissione se ne tornavano sconsolati ad Emmaus (Luca 24.13) non si annoiarono a morte quando Gesù spiegò loro dalla Parola che tutto era sotto controllo e che le cose stavano andando esattamente come le Scritture avevano predetto. La spiegazione della Parola di Dio, piuttosto che annoiarli, li incoraggiò e scaldò loro il cuore.

“Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentre ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?   (v. 32)

Predicare bene non è facile. La Parola di Dio è un libro profondo e predicare coinvolge tutta la nostra vita. Si comunica quello che siamo. Ho ascoltato e fatto prediche che mi hanno scaldato il cuore, altre erano paglia e non frumento. Ma, da dove siamo arrivati, dobbiamo crescere.

Vorrei postare alcuni pensieri da un podcast di Brian Houston, pastore della chiesa Hillsong di Sydney (parte dell’Assoc. Mondiale delle Assemblee di Dio, di cui Houston è stato presidente per l’Australia dal 1992 al 2007). Podcast Houston.

Brian Houston 8Il pastore parla dei principi che chiede a ogni membro del suo team di predicazione di osservare prima di dargli il pulpito. I punti principali sono suoi. L’elaborazione è spesso mia. Non si tratta di un corso completo di omiletica ma è un buon spunto per la riflessione.

1.   Ogni messaggio è positivo.

Ogni messaggio predicato a Hillsong è positivo, non negativo e reazionario. Si deve indicare ciò che è buono e non solo criticare ciò che non va. Si mostra alla gente la strada giusta e non ci si sofferma sempre e solo sul male.

2.   Ogni messaggio dura 35 minuti o meno.

“Ricordare che forse non siamo così bravi come pensiamo di essere.”

Allungare la minestra non serve. Togliere senza pietà dal messaggio tutto quanto è ripetitivo e fuori soggetto. Se una parola basta, non usarne due. Si appesantisce il discorso. Non fare però diventare sterile il contenuto e lo stile. L’orecchio vuole la sua parte.

3. Ogni punto viene dalla Bibbia.

Si deve prendere un passaggio della Bibbia, esporlo e applicarlo alla vita della congregazione. Assicurarsi che quanto diciamo sia quello che la Bibbia dice in quel passaggio e non la nostra posizione personale o denominazionale. È facile confondere le cose.

Attenersi al soggetto del testo fino alla fine del messaggio. Senza accorgersene si può partire dalla Parola e continuare poi con i nostri pensieri personali.

La predica non deve diventare una pesante dissezione intelletualistica dei versetti.

Alcuni prendono una illustrazione personale e ne fanno il centro del messaggio. È sbagliato. È buono usare illustrazioni ma devono sottolineare il passaggio e non prenderne il posto.

Leggere libri e ascoltare insegnamenti provenienti da differenti orientamenti teologici e denominazionali. I “diversi” hanno tanto da insegnarci.

Sentire l’opinione di persone di capacità sulla nostra predicazione. Ci può dare equilibrio e solidità. Gli altri notano quello che noi non vediamo più.

4. Si predica da una prospettiva neotestamentaria.

Si può predicare dal Vecchio e dal Nuovo Testamento ma ogni messaggio deve essere presentato dalla prospettiva del Nuovo Patto. Chiedersi, “In che modo si esprime questo soggetto alla luce della croce di grazia di Gesù? Sto portando la Legge, che porta la morte, o Gesù e la potenza dello Spirito Santo che permettono di vivere la santità? Sto dando speranza o scoraggiamento?”

Preghiera e Bibbia5. Passare molto tempo in meditazione, preparazione e familiarizzazione.

È necessaria la preparazione a lungo, medio e breve termine. Lo studio quotidiano durante tutta la vita è insostituibile. È la dispensa alla quale attingere al bisogno. Imparare costantemente da Dio in preghiera e dalla Bibbia, dalla vita, dalla teologia, dalla storia, dalla sociologia, dalla scienza, da libri e corsi.

Prepararsi a medio termine con almeno un paio di settimane di anticipo. Riprendere poi la predica nei giorni precedenti la riunione. Non arrivare al sabato sera supplicando Dio di darci in extremis un messaggio.

Strutturare bene il passaggio. Rendere il messaggio chiaro e logico. Scriverlo parola per parola aiuta a cercare l’espressione giusta e a riflettere meglio su quanto diremo. Chiedersi: è incoraggiante? È fedele al testo? È troppo lungo? È troppo teorico? Ci sono sufficienti e toccanti illustrazioni? Indico chiaramente come mettere in pratica il passaggio? Com’è la conclusione? Gesù e la sua grazia sono il centro dell’insegnamento?

Familiarizzarsi con il messaggio. Leggere e rileggere in preghiera quanto si è scritto per conoscerne bene il contenuto ed essere in grado di predicare avendo davanti solo i punti principali. Questo ci da libertà di espressione e permette di mantenere il contatto visivo con i presenti. La mancanza di familiarizzazione crea ripetitività, impaccio e confusione.

 


– Giovedì 15 Febbraio la seconda parte –

Ricordiamoci che Dio ci ama, non ci chiede la perfezione, ma che siamo operai fedeli, sì.

Dio vi benedica.

Giuseppe