Fermate il cammello a Sicar

Giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che egli parlasse con una donna.

Giovanni 4:27

I discepoli, a differenza del loro Signore, non erano scevri dal vivere secondo i pregiudizi e la cultura nazionali piuttosto che secondo i princìpi del regno di Dio.

I Giudei odiavano i samaritani e si ritenevano superiori a loro. Li chiamavano, Cani. Al resto di noi Gentili, appioppavano il gentile epìteto di Maiali. Per i Giudei era era cosa difficile attraversare la Samaria perché pensavano di diventare impuri al solo contatto con la polvere samaritana. Più difficile era il fermarsi e il bere la loro acqua. Più difficile ancora era parlare con un Samaritano. Impossibile era il parlare in pubblico con una donna Samaritana. Infatti, si diceva che era meglio bruciare la Legge piuttosto che insegnarla a una donna ebrea (il film Yentl ne parla), ed era bene per un uomo non parlare nemmeno a sua moglie mentre erano in pubblico. Figurarsi insegnare la Legge e intrattenersi pubblicamente con una donna samaritana. Soprattutto una di quella risma.

Ma, Gesù violava spesso e volentieri gli insegnamenti rabbinici quando questi violavano la Legge di Dio o quando questi volessero impedirgli di salvare ciò che era perduto.

Così, Gesù, sceglie di passare per la Samaria, fermarsi a Sicar, al pozzo samaritano, berne l’acqua samaritana, parlare con una donna samaritana, annunciarle la salvezza, mangiare il loro cibo e dormire nel loro villaggio, portandoci pure (oh, traviazione delle traviazioni!) tutti i suoi discepoli, pur di vedere la salvezza dei suoi amati samaritani.

Adesso, la mia domanda è: quante volte io, e noi, discepoli odierni di Gesù, ci comportiamo più da italiani, Pentecostali, Battisti o Cattolici piuttosto che da seguaci della Parola di Dio? Quante volte viviamo più secondo la nostra cultura nazionale e denominazionale, piuttosto che secondo la Bibbia e la volontà di Dio, meravigliandoci che Dio possa dare lo Spirito pure ai Gentili (Atti 10:45 Tutti i credenti circoncisi, che erano venuti con Pietro, si meravigliarono che il dono dello Spirito Santo fosse dato anche agli stranieri), possa usare gente di una certa risma e di una certa chiesa, o persone che si vestono e comportano in un certo modo?

Gesù e la pallavolo

Il segreto dell’unzione è una vita in relazione con Gesù.

“Dico sempre alle mie giocatrici che quando si è raggiunto un ottimo risultato,
non si deve ricordare tanto il risultato quanto cosa si è fatto per raggiungerlo.”

Davide Mazzanti
Allenatore della nazionale italiana femminile di pallavolo.

 

Complimenti alla nazionale italiana di pallavolo. Ha giocato un ottimo campionato del mondo e ha ottenuto un meritatissimo secondo posto, soprattutto considerando la giovane età media.

Il suo coach, Davide Mazzanti, nel suo intervento alla Domenica Sportiva di ieri sera, mi ha stupito per competenza, saggezza e chiarezza di idee.

Una sua frase mi ha colpito in particolare. “Dico sempre alle mie giocatrici che quando si è raggiunto un ottimo risultato non si deve ricordare tanto il risultato quanto cosa si è fatto per raggiungerlo.”

Mentre la ascoltavo lo Spirito Santo mi diceva, “Giuseppe, ricordati che comprendere e mettere in pratica i princìpi che hanno portato al raggiungimento di un buon risultato, permette di raggiungere nuovamente quel risultato.”

L’importanza della scoperta dei princìpi che permettono il raggiungimento di un certo obiettivo e la loro riapplicazione (con i necessari adattamenti) vale in tutti i campi. Amicizie, matrimonio, educazione dei figli, evangelizzazione, conduzione della chiesa e andare sulla Luna.

Ad esempio. Per lunghi periodi ho sperimentato la forte presenza dello Spirito Santo durante i miei tempi personali di adorazione. Dio mi parlava, sentivo la sua vicinanza, mi mostrava la sua santità e santificava la mia vita, mi indicava i prossimi passi da seguire, ero immerso in lui, la mia vita cresceva e si radicava nella relazione e nel cammino con lui e vedevo più risultati nel mio ministero.

A cosa era dovuto questo? A un cammino giornaliero forte e sincero con lui. A un impegno costante nel mettere in pratica quello che la sua Parola dice e quello che il suo Spirito mi indicava durante la giornata. Al passare ore giornaliere nella sua presenza. Al pregare tanto in lingue. Al prendere tutto il tempo che ci voleva nell’adorazione, finché sentivo Dio dire, Basta, hai fatto quello che dovevi fare. Al significare esattamente con la mente e con il cuore quello dicevo con le parole nel canto e nella preghiera. Se cantavo, Ti amo, Gesù, volevo dire esattamente che lui era il mio più grande amore. Tu sei il Signore, voleva dire che ero pronto a fare tutto ciò che mi diceva di fare e che sapevo che lui dominava e comandava sopra ogni cosa e circostanza. Di conseguenza, non mi preoccupavo di cosa alcuna. Ho fede in te, voleva dire che sapevo che qualunque situazione nella quale mi trovavo sarebbe andata a buon fine.

Preparavo una buona lista di canti che toccavano la mia mente e il mio cuore, li studiavo bene musicalmente di modo da poterli suonare e cantare bene (almeno per quanto permettano le mie capacità musicali e canore).

Ero in continuo ascolto della guida dello Spirito per sapere cosa voleva che dicessi e facessi durante la mia giornata e durante i tempi di adorazione.

E così via.

Con queste premesse, era impossibile che la presenza di Dio non fosse con me in ogni momento della giornata e anche durante i miei tempi di adorazione.

Sapendo questo, quello che faccio oggi non è vivere nel passato ripensando alle belle esperienze degli anni scorsi, ma metto in pratica, oggi, i princìpi che mi hanno permesso di vivere vicino a Gesù intensamente nel passato. Risultato? Anche oggi sento sempre la forte presenza del Signore.

Grazie, Papà.

 

“Colui che mi ha mandato è con me;
non mi ha lasciato solo, perché faccio sempre le cose che gli piacciono.”
Giovanni 8:29

La predica — Un’idea da spiegare

Croce montagna 2

Si possono fare prediche di diversi tipi. Uno di questi è la predica che spiega un passaggio della Bibbia.

Parlando di questo genere di predica, Haddon Robinson, (Predicare la Bibbia, Edizioni Istituto Biblico Evangelico, 1984), propone un messaggio di Alexander Maclaren, pastore scozzese, 1826-1910, che ministrò per la maggior parte del tempo a Manchester. Era molto conosciuto per la sua fedeltà al testo biblico. Il vescovo Anglicano di Manchester disse, “Non ci sono stati discorsi che per profondità di pensiero, arrangiamento logico, eloquenza di appello e potenza sul cuore umano, hanno superato quelli del Dr. Maclaren.”

Robinson dice:

“Offrire all’uditorio una spiegazione chiara del passo biblico può essere il contributo più vitale che il predicatore possa rendere nel suo sermone. Una formula per la strutturazione del sermone che va rispettata, se non altro perché è antica, dice così: “Di’ cosa intendi dire; di’ cosa stai dicendo; e poi di’ quello che hai detto”. Questo è un ottimo consiglio quando il nostro obiettivo esige che spieghiamo il testo. Nell’introduzione a un sermone di questo tipo, affermiamo l’idea nella sua completezza, nella struttura centrale l’idea viene scomposta ed analizzata e nella conclusione riferiamo di nuovo l’idea. Senza dubbio, questa progressione concettuale guadagna in chiarezza ciò che perde in suspense.

Ad esempio, Alexander Maclaren predicò un sermone che spiegava Colossesi 1:15-18:

‘Egli è l’immagine del Dio invisibile, il primogenito di ogni creatura;
poiché in lui sono state create tutte le cose
che sono nei cieli e sulla terra,
le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze;
tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.
Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui.
Egli è il capo del corpo, cioè della chiesa;
è lui il principio, il primogenito dai morti,
affinché in ogni cosa abbia il primato.’

Leone 2

Nel sermone, Maclaren afferma: “Il mio compito non è tanto dimostrare le parole di Paolo, quanto spiegarle, e poi ponderarle perché abbiano un effetto sugli uditori”. Il soggetto del sermone è perché Gesù Cristo occupa il posto supremo su tutte le creature in tutte le cose, mentre il complemento è per via della sua relazione con Dio, il creato e la chiesa. Nello sviluppare questa idea attraverso la spiegazione, Maclaren si prefigge l’obiettivo di incentivare i cristiani a rendere Cristo preminente nella loro vita.

Come procede poi nella struttura del sermone? L’oratore presenta l’idea due volte nell’introduzione. ‘Cristo’, dichiara, ‘riempie lo spazio tra Dio e l’uomo. Non c’è alcun bisogno che una folla di esseri indistinti (NdR: si credeva che vari tipi di spirito stessero come mediatori fra Dio e gli uomini) facciano da ponte tra cielo e terra. Gesù Cristo tocca entrambi. Egli è il capo e la fonte di vita per la sua chiesa. Di conseguenza, Egli è il primo in tutte le cose a cui spetta l’ascolto, l’amore e l’adorazione degli uomini. Il sermone nel suo insieme non affermerà altro.

Nel paragrafo successivo, Maclaren presenta l’idea in una forma abbreviata per la seconda volta: ‘Ci sono qui tre concezioni grandiose delle relazioni di Cristo. Vediamo Cristo e Dio, Cristo e il creato, Cristo e la chiesa e, fondata su queste, la proclamazione trionfante della sua supremazia sopra tutte le creature e sotto ogni aspetto.’ Nella struttura centrale del sermone, Maclaren spiega che cosa comportano quelle relazioni.

Agnello 2

Ridotto ad uno schema, il sermone procede in questo modo:

I.   La relazione che corre tra Cristo e Dio è che Egli è ‘l’immagine del Dio invisibile’    (Col. 1:15).

A.  Dio è in Sé stesso inconcepibile e inaccessibile.

B.  Cristo è la manifestazione e l’immagine perfetta di Dio.

i.  In Lui l’invisibile diviene visibile.

ii.  Soltanto Lui fornisce una certezza abbastanza stabile perché possiamo trovare una potenza sostenitrice nelle prove della vita.

II.   La relazione che corre tra Cristo e il creato è che Egli è ‘il primogenito di ogni creatura’    (Col. 1:15-17).

A.  Cristo è l’agente di tutta la creazione, e le frasi usate da Paolo sottintendono la priorità dell’esistenza e la supremazia su tutto.

B.  Cristo sostiene una varietà di relazioni con l’universo; questo rapporto viene sviluppato attraverso le varie preposizioni usate da Paolo.

III.   La relazione che corre tra Cristo e la sua chiesa è che Egli è ‘il capo del corpo’, il quale è ‘il principio, il primogenito dai morti’    (Col. 1:18).

A.  Quel che era la Parola di Dio prima dell’incarnazione nei confronti dell’universo, lo è ora il Cristo incarnato per la sua chiesa. Egli è il ‘primogenito’ di entrambi. Ha il posto di preminenza.

B.  Come ‘capo del corpo’, Egli è la fonte ed il centro della vita della chiesa.

C.  Come ‘inizio’ della chiesa attraverso la sua resurrezione, Egli è la potenza attraverso cui ebbe inizio la chiesa e attraverso la quale saremo risuscitati.

Conclusione:   ‘L’apostolo conclude che in tutte le cose Cristo è il primo — e tutte le cose sono, perché Egli sia il primo. Sia nella natura, sia nella grazia, la preminenza è assoluta e suprema …. Per cui la domanda cruciale per noi tutti è ‘Che pensate voi del Cristo?’ Gesù è per noi soltanto un nome? Beati noi se diamo a Gesù la preminenza e se il nostro cuore Lo mette al primo posto, all’ultimo posto e in mezzo senza limiti.

Per tutto il sermone, Maclaren non fa altro che rispondere alla domanda: Che cosa significa questo brano?”

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Foto: www.unsplash.com     @lukasbudimaier – @glencarrie – @gabriele_agrillo

 

Superbowl

Foles 2

Stanotte mi sono svegliato alle 2:30 ed ho visto l’ultima parte del Super Bowl LII. Stamattina doppia razione di caffeina.

I Philadelphia Eagles, mai vinto il SB e guidati dal quarterback di riserva Nick Foles, giocavano contro i New England Patriots, una delle migliori squadre di sempre, vincitori di 5 Super Bowl, guidati da leggenda Tom Brady, vincitore di 5 Super Bowl.

Durante la partita c’erano alcune inquadrature di Tori, la moglie di Foles. Sugli spalti, teneva affettuosamente in braccio la loro bambina di un annetto. L’espressione gentile di quella donna mi fece un’ottima impressione. Mi chiesi se magari lei e Foles non fossero cristiani. Stamattina ho controllato.

Foles 1Nel 2016 Foles doveva decidere se continuare o smettere di giocare. Malgrado avesse avuto buoni risultati nella sua carriera, si trovava ad un bivio. CNN dice che Foles “prese alcuni giorni per permettere alle proprie emozioni di calmarsi un po’. Andò a pescare e campeggiare con suo cognato. Parlò con sua moglie. Parlò con la sua famiglia e ci pregò su. E questo non è sorprendente per uno che vuole diventare pastore in una scuola superiore quando smette di giocare.” Decise di continuare.

Una serie di circostanze lo portarono ai Philadelphia Eagles e un incidente al quarterback titolare lo catapultò in prima linea nelle ultime tre partite del campionato. Il resto è storia. Vittoria nella league, vittoria nel Super Bowl, Most Valuable Player, primo QB a passare per touchdown e pure a ricevere per un touchdown con uno schema eccezionale (LINK). Ed alcuni altri record. Robetta.

È valsa la pena di andare a pregare.

Buona giornata a tutti.


Aggiornamento

Gazzetta.it ha scritto un buon articolo su Nick Foles, la sua famiglia e la sua fede.       LINK

Lo vuoi davvero?

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Non sapete che coloro i quali corrono nello stadio, corrono tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo. Chiunque fa l’atleta è temperato (NDIOD, auto-disciplinato) in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile.
Io quindi corro così; non in modo incerto; lotto al pugilato, ma non come chi batte l’aria;
anzi, tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, perché non avvenga che, dopo aver predicato agli altri, io stesso sia squalificato.

1 Cor. 9.24-27


Da cnn.com, 9 Settembre, 2017

“Dwight Freeney (foto), difensore degli Arizona Cardinals, giocatore professionista della National Football League americana, tiene alla sua dieta. Vuole avere la miglior forma possibile per ogni partita. Nei giorni precedenti la partita Freeney non mangia altro che manzo e fagioli Borlotti, nemmeno per colazione. Se va in un ristorante si porta i propri ingredienti e indica allo chef come prepararli. Niente olio, niente pepe, niente aglio, niente contorni e nessun olio per ungere la padella.”

Un amico di amici è concertista. Sua moglie lo ha sposato sapendo che la loro vita avrebbe ruotato attorno alla sua attività musicale. Suona il piano dalle sei alle otto ore al giorno. Se si va in vacanza si va solo dove può passare diverse ore al giorno suonando il pianoforte. Se non c’è il pianoforte, non vi si va in vacanza.

Se uno sportivo professionista vive una vita così dedicata e segue una dieta così stretta per vincere delle partite di football; se un musicista professionista impernia la propria vita attorno al proprio strumento, quanto più noi cristiani dovremmo essere dedicati e capaci di tenere la nostra vita in stretta disciplina per servire Dio al meglio. Quanto e cosa mangiamo, quando andiamo a dormire, a che ora ci alziamo, come impieghiamo il nostro tempo, cosa studiamo, come passiamo il nostro tempo, quali attività facciamo e quali non facciamo, per rendere al meglio per il servizio di Dio?

La parola “temperato” usata dalla Nuova Riveduta è un po’ infelice. Autocontrollato o audisciplinato sarebbero stati meglio. Quello è infatti il significato di egkrateuomai, la parola greca usata da Paolo, composta da en (in) e kratos (forza, potere).

La Bibbia della Gioia rende bene il significato.

“Sapete bene che gli atleti, durante gli allenamenti, si sottopongono ad una rigida disciplina, e soltanto per ottenere in premio una corona che non dura. Noi, invece, lo facciamo per ottenere una corona che durerà per sempre. Perciò, io corro dritto al traguardo, mettendocela tutta; lotto come un pugile che vuol vincere e non tira colpi a vuoto; mi sottopongo a dei sacrifici come un atleta e tengo il mio corpo a disciplina, per paura di essere squalificato.”

Paolo vuole dirci: Chiunque fa l’atleta fa esattamente come Dwight Freeney: si sottopone a disciplina stretta. Si chiede, Questo mi permette di rendere di più per la mia squadra? Se la risposta è, Sì, lo fa. Se la risposta è, No, non lo fa.

Cosa vuol dire questo per me? In quali aree devo praticare disciplina stretta per essere più efficace e meglio preparato per il Signore?

Giuseppe

Pasci le mie pecore

Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, mi ami?» Egli rispose: «Sì, Signore; tu sai che ti voglio bene».
Gesù gli disse: «Pasci le mie pecore».

Giovanni 21.15-17

Un uomo aveva due figli. Si avvicinò al primo e gli disse: “Figliolo, va’ a lavorare nella vigna oggi”.
Ed egli rispose: “Vado”, ma non vi andò.
Il padre si avvicinò al secondo e gli disse la stessa cosa. Egli rispose: “Non ne ho voglia”; ma poi, pentitosi, vi andò.
Quale dei due fece la volontà del padre?

Matteo 21:28-31


Stamattina, rientrando dall’annaffiare alcune piante in giardino, mi vennero in mente questi due passaggi. Nel primo Gesù riconcilia Pietro con sé, dopo il suo tradimento. Per tre volte gli dice, Mi ami, Pietro? Pietro si sarà sentito perforato nel più profondo del cuore. Una domanda di questa importanza, ripetuta tre volte, da Gesù, il Maestro che ami ma che hai appena tradito, manderebbe in crisi chiunque.

Pietro, alla fine, ammette, “Gesù, lo so, non sono un granché. Parlo, dico, prometto e poi non faccio. Però, alla fin fine, ti voglio bene.”

Gesù è felicissimo della risposta. Va bene. Stai tranquillo, ti conosco. Non mi aspetto la perfezione da nessuno dei miei discepoli e neanche da te. Ben tornato in famiglia. Ti do un incarico, pasci le mie pecore. Prenditi cura dei tuoi fratelli, guidali con l’esempio, proteggili, lasciati usare nei campi per i quali ti ho dato la chiamata.

Un padre ha due figli. Ad ambedue dice, Andate a lavorare nella vigna, per favore. Uno dice, Subito, papà, e poi non ci va. L’altro dice, No, papà, e poi ci va.
La domanda è: chi dei due ha fatto la volontà del Papà?

Chiaramente il secondo. È partito molto male, disubbidiente e maleducato. Poi, però, ha fatto la volontà di Dio. Il primo è partito molto meglio. Certo, papà. Lo faccio subito; non ti preoccupare, papà! E poi non lo fa. Chi ha fatto la volontà del padre?, chiede Gesù. Chiaramente il secondo.

Come cristiani tante volte diciamo a Dio, Sì, sì, ti servirò sempre! Parla che il tuo servo ascolta! Farò la tua volontà a qualunque costo. Finito quel momento di incontro speciale con Dio, però, riprendiamo la nostra attività quotidiana esattamente come prima che Dio ci parlasse e gli facessimo la promessa solenne di fare tutto quello che ci aveva detto di fare.

Giacomo 1:21-25 ci tocca il più profondo del cuore con la sua affermazione che solo la messa in pratica costante della Parola di Dio ci libera, non il solo praticarla per qualche oretta o giorno.

Pietro ha ricevuto un incarico, pascere le pecore di Gesù. E, complimenti a lui, Pietro lo ha fatto fino alla fine della sua vita. Se avesse detto, Gesù, io ti amo. Pascerò le tue pecore, stai tranquillo. Me ne occupo io. Se lo avesse fatto per qualche giorno o qualche settimana, avrebbe fatto la volontà di Dio? No. Invece lo troviamo ad essere il primo a prendere la leadership per trovare un nuovo apostolo; il primo a predicare a Pentecoste rischiando la vita; ad essere uno di quelli che saggiamente portano avanti il principio, Questo lavoro si deve fare ma guai a noi se, come guide del gregge, per farlo, ci allontaniamo dalla preghiera e dalla Parola (Atti 6); a finire in prigione pur di portare avanti il servizio di Cristo; ad avere il coraggio di aprire un nuovo campo missionario, i Gentili, contro la mentalità radicata in se stesso e nella chiesa; a prendere la posizione giusta a Gerusalemme contro il parere di quelli secondo i quali Gesù non bastava ma bisognava pure seguire la legge di Mosè; a scrivere due (e probabilmente più) lettere pastorali che ci aiutano ancora oggi; e poi, secondo la tradizione, a morire per il servizio di Cristo.

Alti e bassi?, certo. Paolo ci indica un comportamento gravemente sbagliato di Pietro in Galati 2:11-14. Ma Pietro, con costanzissima, ha messo in pratica il comandamento datogli da Gesù fino alla fine della propria vita. Complimenti a lui.

Pascere le pecore vuol dire pascere le pecore. Fare la volontà di Dio vuol dire fare davvero la volontà di Dio. Se dico, sì, sì e poi non lo faccio, non crescerò mai. Non supererò mai le difficoltà che la vita, il diavolo e il mondo mi presenteranno davanti. Avrò sempre ragioni per andare da Dio lamentandomi: Signore, perché mi succede questo, perché non riesco a, ma dove sei, e bla e bla e bla …!

Fare la volontà di Dio vuol dire prendere quello che Dio ci ha detto di fare e farlo, oggi, domani, dopodomani, la settimana prossima, il mese prossimo e pure nel 2059 e seguenti. Sbaglio? Mi rialzo subito e riprendo immediatamente a fare quello che devo fare.

Solo questo mi renderà non solo forte ma fortissimo. Non solo vincitore, ma vincitorissimo.

La grazia di Dio sia su ognuno di noi mentre ci impegniamo a FARE la sua volontà. I frutti non tarderanno a farsi vedere.

Giuseppe